Di tutti i pericoli che infestano il bosco di notte, fantasmi, folletti cattivi, orchi che fanno i bambini alla griglia, streghe che invece li ingrassano dentro alle gabbie per i loro banchetti cannibali, il lupo è il peggiore perché non sente ragione. Sei sempre in pericolo nella foresta, dove non c’è nessuno. Inoltrati sotto i cancelli dei grandi pini i cui rami spogli ti si avvolgono intorno, e fanno inciampare il piede del viaggiatore incauto, come se la vegetazione stessa fosse in complotto col lupo che abita nella foresta, come se gli alberi infidi andassero a caccia per conto dei loro amici – inoltrati tra i cancelli della foresta con la più grande trepidazione e infinita prudenza, perché basterà lasciare il sentiero un istante, e il lupo ti divorerà. Sono grigi come la fame, cattivi come la peste.” Naturalmente oggi non lo accetteremmo.
Nessun bosco è infido, diremmo. Non ci sono foreste che fanno paura e soprattutto i lupi, oh, i lupi, non sono cattivi. Certo, lo sappiamo. Ma le fiabe non vogliono dirci questo, non sono didascaliche come immaginiamo. Il lupo non è il pedofilo che insidia le bambine, come si sente ripetere a proposito di Cappuccetto rosso, ma prende ogni volta le sembianze dei nostri timori. E dei nostri oscuri desideri, anche. Se non scendiamo in fondo, nella parte nascosta della nostra anima, non siamo in grado di affrontare pericolo alcuno. Questo dicono le storie.