“L’approdo” è una storia delicata, traboccante di suoni e di parole appartenenti a lingue diverse. È la storia di un immigrato in un mondo immaginario, quasi onirico, con chiari riferimenti simbolici al nostro di mondo, alla storia dell’immigrazione che da sempre, è protagonista della nostra dell’umanità. Il potere della narrazione silenziosa è la nota dominante di questo grande classico contemporaneo, le cui pagine rapiscono il lettore in un tempo lontano dove un uomo, costretto dall’indigenza, lascia moglie e figlia per intraprendere un lungo viaggio da migrante. Ad attenderlo, un mondo nuovo visto con lo sguardo emotivo del viaggiatore che frammischia a immagini di oggetti cari, animali esotici, strumenti musicali e abiti, un immaginario magico, surreale, dove la perdita e l’ignoto danzano con la speranza.
Il libro si sfoglia come un album di vecchie foto, una serie di immagini in ordine cronologico che riempiono gli occhi e toccano il cuore. È un paesaggio urbano, di periferia quello che ci viene mostrato, così come lo è sempre stato il paesaggio nei graphic di Shaun Tan, ma nell’aria possiamo respirare un pizzico di magia e di mistero. Inizia così il lungo cammino del protagonista alla ricerca di un lavoro, un cammino non certo facile, sempre in salita. Nel corso della storia facciamo la conoscenza di nuove persone, anche loro migranti, appartenenti a etnie e culture differenti e, senza nemmeno l’uso della parola, riusciamo a comprendere la loro lingua. Le persone, nonostante le loro diversità, riescono a capirsi, a sorridere e a ridere nonostante tutte le fatiche.